Guardati dalla quercia,
e dal colpo che sferra.

(Wiliam Henderson in Folklore of the Northern Countries of England ,
Folklore delle campagne dell’inghilterra settentrionale, 1866.)

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I Druidi...

Qualche informazione per capire di più questi sciamani d'Europa:


“Fra tutte le tribù, vi sono grosso modo tre classi di uomini tenuti in particolare considerazione: i bardi, i vati e i druidi. I bardi sono cantori e poeti; i vati interpreti degli olocausti e fisici: i druidi invece studiano, oltre alle scienze naturali, la filosofia morale. Essi sono considerati i più retti tra gli uomini, e quindi ad essi sono affidate le decisioni riguardanti i casi che affliggono o gli individui o la collettività; anzi, anticamente essi erano arbitri in guerra e fermavano le schiere opposte quando queste già serravano le fila per la battaglia; a loro la maggior parte delle volte spettava anche la decisione in caso di assassinio… Questi uomini, così come altri eruditi, hanno affermato che le anime degli uomini e l’universo sono indistruttibili, nonostante in alcune occasioni l’acqua ed il fuoco possano (temporaneamente) prevalere”. (STRABONE, IV, IV, 2, 4)

Essi [i celti] hanno dei filosofi e teologi trattati con particolare riguardo, che chiamano druidi. Inoltre ricorrono a indovini che considerano degni di encomio. Questi ultimi, con le loro osservazioni augurali e attraverso l’olocausto di animali sacrificali, sono in grado di predire il futuro e così tutti sono loro soggetti. (da DIODORO)

I druidi soprintendono alle cose del culto, celebrano i sacrifici pubblici e privati e si pronunziano sulle cose della religione. I giovani accorrono a loro in gran numero per essere iniziati alla loro dottrina e molti, presso di loro, sono in onore. Decidono infatti quasi tutte le controversie pubbliche e private, e se è stato commesso un reato, se è avvenuto un omicidio, se sorge una questione di eredità o di confine, sono ancora essi che giudicano, stabilendo compensi e affliggendo pene. Se un privato o un popolo non si attiene al loro giudicato, viene da loro interdetto dai sacrifici. Questa è per loro la pena più grave. Quelli che vengono colpiti da tale interdetto sono ritenuti empi e malvagi; tutti li abbandonano; tutti evitano di stare e di parlare con loro, per non ricevere anch’essi qualche danno a causa del contagio; se adiscono le vie legali, viene loro negata la giustizia, e non viene loro conferita alcuna carica.”
“Tutti i druidi hanno poi un capo, che gode tra loro di immenso rispetto. Alla morte di lui, […] viene eletto dal suffragio dei druidi […] Qui convergono da ogni parte quelli che hanno cause, che poi si attengono ai loro decreti e sentenze”(da GIULIO CESARE GAIO, De Bello Gallico, Libro IV, Bompiani, Milano, 1986)

“I druidi non prendono parte alle guerre e […] godono l’immunità da ogni obbligo”

”Uno dei loro principali insegnamenti è che l’anima è immortale, e che, dopo la morte, trapassa di corpo in corpo; con tale teoria, che distrugge la paura della morte, ritengono di eccitare al massimo grado il coraggio”
“Si occupano e insegnano ai giovani molte altre cose in relazione agli astri e al loro moto, alla grandezza del mondo e delle terre, all’origine delle cose e ai poteri e alle facoltà degli dei immortali”
”[I druidi] non stimano lecito affidare alla scrittura i loro insegnamenti, mentre quasi in ogni altra cosa, come i documenti pubblici e privati, usano l’alfabeto greco. Credo che ciò avvenga per due ragioni: primo, perché non vogliono che le dottrine siano divulgate tra il popolo; poi, perché vogliono evitare che, quelli che imparano, fidando troppo sugli scritti, trascurino di esercitare la memoria. E suole infatti generalmente accadere che, per l’abitudine di scrivere le cose, non ci si sforzi più di imparare e di ritenere.”
Il sistema della divinazione non è ignorato neppure presso i popoli barbarici; infatti in Gallia ci sono i druidi; io stesso ho conosciuto uno di loro, Diviziaco degli Edui, [...]erudito circa i sistemi naturali, ossia in quella che i Greci chiamano fisica, e che usava predire il futuro per mezzo sia di presagi sia di deduzioni."(da GIULIO CESARE GAIO, De Bello Gallico, Libro IV, 14, Bompiani, Milano, 1986)

Fu proprio Diogene Laerzio ad affermare che i druidi insegnavano in triadi e che la base della loro tradizione era: "onorare gli dei, non fare del male, essere coraggiosi".

E' particolarmente importante il particolare che i druidi nel 69 a.C. ancora ricordavano, non è chiaro se grazie alla tradizione orale o a una testimonianza scritta, la sconfitta dell'esercito romano da parte dei Celti avvenuta presso il fiume Allia il 18 luglio del 390/387 ca. a.C.. In quell'occasione Brenno e i suoi Celti avevano saccheggiato Roma, ma non erano riusciti a conquistare il Campidoglio. Dopo alcuni negoziati, Roma aveva dovuto pagare un riscatto perchè i Celti si ritirassero dalla città.


Dàitha Ò hÒgàin, del dipartimento del Folklore presso lo University College di Dublino ha definito il legame tra la parola “druido” ed il temine “quercia” “una derivazione in qualche modo fantasiosa”, sottolineando che in un contesto irlandese:

“L’albero preferito dei druidi, comunque, era indubbiamente il sorbo selvatico, ed era sui rami di questo albero che i praticanti irlandesi dormivano allo scopo di avere visioni profetiche. Anche l’albero del nocciolo era importante, come dimostrano il nome druidico Mac Cuill (“figlio del nocciolo”) e anche le tradizioni riguardanti nove alberi di nocciolo presso la fonte del fiume Boyne, i frutti del quale avevano un nucleo di sapienza”.

Ò hÒgàin ammette tuttavia che il termine “druido” proviene da un’antica parola celtica “il cui significato sarebbe stato ‘molto sapiente’”.
Stranamente, comunque, Ò hÒgàin sembra trascurare il ruolo di primaria importanza della quercia all’interno della mitologia irlandese: si pensi alla “Quercia di Mughna”, la quale, secondo il Leabhar Gabhàla (Libro delle invasioni) fu il primo albero sacro d’Irlanda.
[…]
In ogni caso, Dàitha Ò hÒgàin ha ragione quando afferma che gli alberi del tasso, del nocciolo e del sorbo selvatico sono assai più frequentemente citati nella mitologia irlandese con riferimento ai druidi d’Irlanda.
Sir John Rhys, il primo professore di studi celtici a Oxford, nelle sue Lectures on the origin and growth of religion as illustrated by Celtic Heathendom (Conferenze sull’origine e lo sviluppo della religione così come illustrati dal paganesimo celtico, 1888), commenta:

Considerando l’importanza degli alberi sacri nell’antico culto del dio principale degli Ariani d’Europa, e la preferenza dimostrata per la quercia in quanto albero più adatto a costituirne l’emblema, o anche ad essere la residenza stessa della divinità, sono portato a guardare alla vecchia etimologia del termine “druido” come a quella corretta, approssimativamente parlando”

Si riferisce quindi all’interpretazione etimologica che collega il termine alla “conoscenza della quercia”.
L’origine della casta dei druidi è radicata nell’era della “raccolta del cibo”, quando estese foreste di querce coprivano l’Europa. Parliamo di un’epoca precedente al 4000 a.C. quando i primitivi procacciatori di cibo vedevano nella quercia un simbolo di abbondanza, e raccoglievano le ghiande come risorsa alimentare, considerandole facili da accumulare per i giorni più difficili. Esiodo (ca. 700 a.C.), Pausania (V secolo a.C.) e Galeno parlano delle ghiande come di cibo. Secondo Plinio, la ghianda veniva macinata e cotta in modo da ricavarne una sorta di pane. Publio Ovidio Nasone (43 a.C.-17 d.C.) parla delle ghianda come del primo cibo dato agli uomini quando essi furono fatti cadere dal grande albero del dio del cielo Giove. Stradone parla del pane di ghiande come della dieta principale dei Celti dell’Iberia […].
(da “ Il segreto dei druidi di Peter Berresford Ellis)


Max Archetti
(Coordinatore del CEEA Cascina Gervasoni)